Cistiti ovariche
Si parla di cisti ovariche quando, almeno in una delle ovaie, si formano delle piccole sacche contenenti, a seconda dei casi, liquido o materiale denso e semisolido, che, non di rado, tendono a far aumentare, seppure non di molto, le dimensioni dell’ovaia interessata. Spesso la c.d. “sindrome dell’ovaio policistico”, quasi sempre ad evoluzione benigna, non fa riscontrare sintomi immediatamente percepibili, ma, a seconda della localizzazione, del tipo di contenuto e dell’origine stessa della cisti, le pazienti lamentano irregolarità nel ciclo mestruale o amenorrea (interruzione del ciclo durante l’età fertile), dismenorrea (fitte e crampi nei giorni di ciclo mensile) o emorragie. In alcuni casi, poi, le cisti ovariche sono associate a fenomeni di c.d. “iperandrogenismo”, che si manifesta prevalentemente con una proliferazione in eccesso di peli sulla cute o con acne molto evidente sul viso e sul corpo.
Le cisti più diffuse sono quelle c.d. “follicolari”; queste si formano a seguito della mancata rottura di un follicolo, il quale, in certi casi, si trasforma in una vera e propria cisti, solitamente di dimensioni talmente piccole da non destare preoccupazione e da risultare asintomatica. Normalmente la cisti follicolare viene riassorbita in modo automatico nell’arco di un paio di mesi ma, qualora ciò non avvenga, la grandezza aumenta fino a raggiungere, nelle ipotesi più gravi, anche quindici centimetri. In tale evenienza sono tipici i dolori pelvici (al basso ventre) e i problemi di deformazione dell’ovaia interessata, la quale spesso smette di oculare e si verificano, a seconda dei casi, cicli anovulatori o irregolari, con le inevitabili conseguenze sulla fertilità femminile. Un altro tipo di cisti è quello che si forma subito dopo l’ovulazione, allorché nel corpo luteo si accumula una sostanza liquida in cui è diluito un certo quantitativo di sangue (c.d. “cisti luteiniche”). Il pericolo, in simili circostanze, è che le cisti, invece di riassorbirsi fisiologicamente in modo naturale e spontaneo, si sfaldino, lasciando fuoriuscire il loro contenuto: sarà necessaria, allora, un’urgente operazione per bloccare l’emorragia e i forti dolori pelvici associati a tale rottura.
Esistono, poi, delle cisti dette “endometriomi cistici” o “cisti cioccolato” (per il loro contenuto di sangue raggrumato e, pertanto, di colore scuro), le quali costituiscono una delle complicazioni più frequenti dell’endometriosi. Anche in tale situazione, è solitamente necessario un intervento chirurgico, almeno quando è elevato il pericolo di sfaldamento.
Un tipo di cisti del tutto particolare è quella definita “dermoide”; questa è la più frequente forma di tumore ovarico benigno che, solo di rado (in una percentuale che si attesta intorno al due percento), si trasforma in maligno. Le cisti dermoidi derivano da cellule embrionali che, dopo aver trascorso la loro esistenza in modo passivo per un certo lasso di tempo, all’improvviso si attivano, producendo tessuti di vario tipo, come adipe, peli e simili. In analogia alle “cisti cioccolato”, vanno asportate con urgenza per scongiurarne la rottura.
Per accertare la presenza, il contenuto e le dimensioni di una cisti è generalmente sufficiente sottoporsi a un’ecografia, anche se può essere utile effettuare anche una laparoscopia. Per curare (sempre che il ginecologo lo ritenga necessario) un ovaio in cui siano state riscontrate cisti, d’altro canto, occorre procedere a una terapia farmacologia ovvero a un intervento chirurgico. Nel primo caso, soprattutto quando si tratta di cisti follicolari, sovente vengono impiegate pillole anticoncezionali, la cui azione, tuttavia, pur essendo preventiva nei confronti della formazione di nuove cisti, non è incisiva verso le cisti già esistenti.
Secondo alcuni studiosi, in molti casi, è più opportuno somministrare sostanze in grado di stimolare lo sviluppo del follicolo e, in definitiva, l’ovulazione stessa. Tra i farmaci appartenenti a questa categoria prescritti con maggiore frequenza ricordiamo il clomifene, che viene assunto per via orale. Altre volte, invece, si preferisce prescrivere preparati a base di metformina, la quale pare essere particolarmente indicata quando sono presenti anche problemi di iperandrogenismo (ad esempio, proliferazione in eccesso di peli sulla cute o acne molto evidente).
Qualora si decida di non ricorrere alla terapia farmacologia (la quale presenta numerose controindicazioni, da valutare caso per caso), una delle metodologie attualmente più praticate, specie se il diametro della cisti non supera i cinque centimetri e il suo contenuto rimane liquido, è la c.d. “aspirazione”, che consiste nell’introduzione di un aghetto nella cisti, attraverso il quale viene aspirato il contenuto di questa. Se tale procedura non risulta praticabile, è necessario intervenire chirurgicamente o per via laparoscopica o per via laparotomica (ossia con apertura tramite taglio nell’addome). Quest’ultima tecnica, assai più invasiva, è usata oggi solo per asportare cisti di considerevoli dimensioni e/o maligne. Al termine di un intervento chirurgico, la cisti viene comunque analizzata in laboratorio per accertarne con sicurezza la natura benigna ovvero maligna.
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