Parotite (orecchioni)
La parotite, nota nel linguaggio corrente come “orecchioni” (in considerazione del tipico gonfiore che spinge le orecchie in avanti, facendole apparire più grandi o, comunque, deformate), è una malattia che colpisce principalmente i bambini, soprattutto in età scolare, anche perché aumenta il rischio di contagio. Quest’ultimo, così come per il morbillo e altre malattie contagiose dell’infanzia, avviene non solo mediante il contatto diretto con il muco o la saliva del malato, ma anche con le goccioline respiratorie emesse con la tosse, gli starnuti o il semplice parlare. Per quanto concerne il periodo c.d. di “incubazione” della malattia, per riscontrare i primi sintomi (febbre, che di rado si alza in modo preoccupante, mal di testa, malessere generale e scarso appetito) devono trascorrere dai dodici ai venticinque giorni dal contagio (anche se è più frequente l’insorgenza dopo sedici -diciotto giorni). Solo dopo un paio di giorni si inizia a notare un più o meno ingrossamento delle ghiandole parotidee, le più voluminose tra le ghiandole salivari, poste nei pressi delle orecchie e, a volte, anche delle ghiandole salivari sottomascellari. Nella maggior parte dei casi entrambi i lati del viso vengono interessati dal gonfiore, anche se spesso intercorrono alcuni giorni tra la tumefazione dell’uno e dell’altro padiglione auricolare (e dintorni). Tale zona facciale sarà dolente al tatto e il bambino sentirà fastidio nel masticare o deglutire.
Oltre al riposo e all’evitare sbalzi di temperatura e “colpi d’aria”, la terapia consigliata (si pensi agli antifebbrili e agli antidolorifici) ha solo lo scopo di alleviare i sintomi di cui si è detto, dato che tale malattia solitamente viene superata nell’arco di dieci giorni.
Per limitare i rischi di contagio, la legge italiana prevede che il bambino colpito da parotite non possa tornare a scuola prima che siano trascorsi almeno nove giorni dalla comparsa del gonfiore alle parotidi.
Dati i sintomi e le possibili complicanze non trascurabili (tra cui fenomeni infiammatori che possono colpire varie parti sensibili, come le meningi, cioè delle membrane che rivestono il cervello, o il pancreas, per arrivare perfino alla sordità, anche permanente) spesso si ricorre al vaccino anti-parotite (usualmente associato al vaccino anti-rosolia ed anti-morbillo), che in genere viene somministrato verso i sedici mesi di età, provvedendo a una dose di richiamo all’età di undici - dodici anni.
Oltre al riposo e all’evitare sbalzi di temperatura e “colpi d’aria”, la terapia consigliata (si pensi agli antifebbrili e agli antidolorifici) ha solo lo scopo di alleviare i sintomi di cui si è detto, dato che tale malattia solitamente viene superata nell’arco di dieci giorni.
Per limitare i rischi di contagio, la legge italiana prevede che il bambino colpito da parotite non possa tornare a scuola prima che siano trascorsi almeno nove giorni dalla comparsa del gonfiore alle parotidi.
Dati i sintomi e le possibili complicanze non trascurabili (tra cui fenomeni infiammatori che possono colpire varie parti sensibili, come le meningi, cioè delle membrane che rivestono il cervello, o il pancreas, per arrivare perfino alla sordità, anche permanente) spesso si ricorre al vaccino anti-parotite (usualmente associato al vaccino anti-rosolia ed anti-morbillo), che in genere viene somministrato verso i sedici mesi di età, provvedendo a una dose di richiamo all’età di undici - dodici anni.
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