TROPPE ORE CONNESSI? SI RISCHIA L’IPNOSI DIGITALE
28 set. (Gabriella Lax)
di Gabriella Lax – Posta elettronica, chat e social network, da quando ci alziamo fino a prima di coricarci la tecnologia ci accompagna senza darci scampo. Attenzione però perché questo contatto continuo può portare a forme di tecnostress e di dipendenza. Parla addirittura della cosiddetta “Ipnosi informatica”, intervistato dall’Agenzia Opinione, lo psicologo Stefano Benemeglio, padre delle discipline analogiche, direttore scientifico dell’Università Popolare delle Discipline Analogiche. Scopriamo di cosa si tratta. L’ipnosi digitale e la perdita di contatto con la realtà Lo psicologo parla di una sorta di trance al quale si arriva, rimanendo connessi ai dispositivi digitali per tante ore durante il giorno. Si arriva ad uno stato mentale «che altera i comportamenti e le reazioni al mondo esterno» chiarisce. E, sotto ipnosi, si possono eseguire comandi senza opporre resistenza. Sotto ipnosi una persona può eseguire ordini senza nessuna obiezione critica. Quindi se da un lato è possibile con l’ipnosi intervenire su traumi o paure, ma il rovescio della medaglia quello negativo, è rappresentato dall’ipnosi informatica. «Trascorrere intere giornate costantemente esposti ad un fiume di informazioni digitali – afferma lo psicologo - può provocare un’alterazione della realtà e portare a comportamenti anomali, spesso compulsivi: il soggetto può trasformarsi in un automa e fare cose prive di senso». Attenzione al tecnostress In agguato per chi trascorre molte ore on line o comunque a stretto contatto con dispositivi digitali c’è il tecnostress. «Sempre più bersagliati da email, notifiche sui social e messaggini in chat a tutte le ore del giorno e della notte – afferma Benemeglio - abbiamo potuto rilevare un aumento dei casi di dipendenza da Internet e di tecnostress. Troppe ore trascorse navigando in rete possono infatti favorire l’insorgere di attacchi di panico, ansia, depressione, insonnia, manie compulsive e perfino patologie cardiocircolatorie e gastrointestinali». A testimonianza di ciò una serie esperimenti commissionati in sedi prestigiose, includendo anche l’Ordine dei Medici di Madrid e l’Università «Pompeo Fabra» di Barcellona. |
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