I MECCANISMI PSICOLOGICI DEL RAZZISMO
01 lug. (Laura Tirloni)
Di Laura Tirloni Secondo Freud, esisterebbe un'angoscia, che lui chiama “nevrotica”, che non scaturisce da un rischio reale e che non è direttamente riconducibile ad un preciso evento esterno, bensì nasce dalla percezione di un pericolo interno, per lo più inconscio, che in qualche modo preme per esprimersi all’esterno e diventare consapevole. Accade quindi che l’Io, pur di non dover affrontare qualcosa di sé che scatenerebbe un’angoscia ingestibile, sposti il pericolo su un oggetto esterno, allo scopo di impedire che pensieri e sentimenti inaccettabili diventino consapevoli e coscienti.
Sarebbe proprio questo il meccanismo alla base del fenomeno della xenofobia e del razzismo.
La paura del diverso, che ben si esprime nei confronti delle minoranze, non scaturisce da un'approfondita conoscenza dell’altro diverso-da-sé. Al contrario, chi nutre sentimenti razzisti e xenofobi, spesso non conosce l’altro e neppure è interessato a conoscerlo, se non sulla base di pregiudizi e preconcetti, che lo portano ad allontanare il “diverso”, anche in assenza di colpe dirette.
In questo modo, il soggetto razzista, tende a liberarsi di un conflitto interno, spostandolo su un individuo esterno, che diventa il capro espiatorio su cui convergono tutti i sentimenti ostili legati alla parte di sé che non si vuole riconoscere ed accogliere.
In generale, poi, le persone accomunate dallo stesso pensiero xenofobo, tendono spesso a creare gruppi all'interno dei quali trovare supporto alle loro idee e costruire delle motivazioni pseudo-razionali che giustifichino il loro rifiuto verso il diverso, con un conseguente rafforzamento del clima persecutorio.
Tra l'altro, in un periodo storico come questo, in cui la precarietà economica incombe e le minacce, reali, di gruppi integralisti sono pane quotidiano, le angosce e il senso di minaccia che ne derivano, tendono senza dubbio a rafforzare il sentimento di intolleranza e di ostilità verso le minoranze.
Si giunge così ad una visione fredda e distaccata della vittima, quasi disumanizzata, che allontana sempre più dalla possibilità di comprenderne la storia e le vicissitudini di vita, spesso così travagliate, e che può spingere addirittura a compiere veri e propri atti antisociali contro l’oggetto della fobia.
In generale, non si nasce razzisti: la xenofobia e il razzismo si nutrono dei segnali ambientali della comunità di appartenenza, dei messaggi familiari, sociali e dei media, che orientano e alimentano l’odio, la rabbia e la paura. Al contrario, una società matura lavora e si impegna per fronteggiare i propri fantasmi e per migliorare i sistemi di convivenza e di condivisione, ma solo se aiutata da leggi e regole chiare, su immigrazione e criminalità, che si applicano a tutti, indistintamente . Dott.sa Laura Tirloni (Psicologa e Psicoterapeuta)
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