E' BOOM DI DIAGNOSI DSA. I NOSTRI FIGLI SONO IMPROVVISAMENTE TUTTI MALATI?
16 dic. (Laura Tirloni)
Di Laura Tirloni Com'è possibile che i nostri figli siano improvvisamente tutti malati? Oppure siamo piuttosto di fronte ad un eccesso di medicalizzazione di condizioni che in realtà rientrano nella norma?
E’ questo il dibattito sui Disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) che sorge spontaneo a partire dai numeri impressionanti dell'anno scolastico 2010/2011: i bambini con diagnosi di DSA sono infatti passati dallo 0,7% al 4% della popolazione studentesca, con picchi che al nord ovest toccano addirittura il 7%.
Nel 2010, con la legge 170 si è stabilito che bambini con problemi di dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia, hanno diritto ad un percorso didattico personalizzato (in questi casi si parla di BES ossia di bisogni educativi speciali), previa certificazione da parte di un medico specialista da presentare alla scuola.
E dunque, dobbiamo accogliere questa novità come un fattore positivo che scoraggia la tendenza ad etichettare questi bambini come svogliati e lenti o piuttosto considerarla come un eccesso diagnostico che formalizza la presenza di un vero e proprio disturbo, in realtà inesistente?
I bambini con difficoltà di apprendimento mostrano, in generale, un funzionamento intellettivo nella norma e una buona creatività. Ad essere compromesso è invece il rendimento scolastico e spesso anche l'autostima e la fiducia nelle proprie capacità, ancor più in presenza di un'insegnante che non riconosce il problema e assume un atteggiamento critico e punitivo nei confronti del bambino.
In tali situazioni rischia di innescarsi una spirale negativa di demotivazione e di isolamento che va ad aggravare il quadro già precario.
La diagnosi, in questi casi, può interrompere il circolo vizioso, fornendo al bambino il giusto supporto, ma solo se il processo di valutazione si mostra in grado di indagare il disturbo in tutta la sua complessità: considerando allo stesso tempo i fattori individuali, gli eventi di vita, le relazioni di attaccamento e il contesto scolastico, senza limitarsi ad utilizzare batterie di test incentrate solo sugli aspetti cognitivi.
Questa visione più ampia dovrebbe sempre includere le variabili emotive e relazionali che inevitabilmente incidono e si associano ai DSA.
Purtroppo, per molti genitori e insegnanti, la diagnosi viene vista come un utile punto di arrivo che solleva dalla responsabilità di mettere in discussione un metodo educativo e didattico troppo standardizzato, oppure un rapporto ambivalente con il genitore che, suo malgrado, scarica sul bambino la responsabilità delle difficoltà scolastiche.
Considerato tutto ciò, il rischio da evitare è pertanto quello di utilizzare la diagnosi come scappatoia per non affrontare i problemi reali che possono incidere sulle difficoltà di apprendimento e considerare sempre che ogni bambino ha propri ritmi di crescita e che non sempre uno scarto dalla “norma” è indicatore di patologia. In caso contrario, una diagnosi utile può facilmente trasformarsi in un'arma a doppio taglio che etichetta il bambino e lo definisce, chiudendolo in una gabbia di aspettative negative, che tolgono ogni speranza. Dott.ssa Laura Tirloni Psicologa - Psicoterapeuta
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